Il titolo promettente e la quarta di copertina ispirano poesia, quella che cerchiamo in un racconto dedicato alla nostra amata Scozia. Quello che ho trovato però scorrendo sempre più pagine di questo diario, spesso tenuto in forma di dialogo, mi è risultato molto difficile da leggere.
Le descrizioni e rappresentazioni dei luoghi, della gente, delle difficoltà che si potevano avere nel 1773 nell’attraversare la Scozia più impervia, sono spesso “ammazzate” dai discorsi e dalle dichiarazioni del dotto Samuel Johnson che ahimé, era anche un fervente Tory convinto delle sue idee, che spesso rivendica i vantaggi dell’Unione e che dà sfogo di quanto non apprezzi in realtà la popolazione del posto, se non i rappresentanti dei clan locali o dei nobili scozzesi che gli davano ospitalità durante il suo viaggio (cosa che una persona comune non avrebbe certo trovato se non accontentandosi proprio di quello di cui qua e là si era lamentato: locande scomode, alloggi di fortuna, etc). A suo dire, tanto per citarne una, dal commerciante in giù non si poteva essere considerato un uomo di valore. Insomma, molte cose mi hanno fatto stridere i denti e mai consiglierei questo libro ad un amante della Scozia e della sua identità. Salverei gli stralci qua e là delle descrizioni e osservazioni di Boswell, ma neanche quelle sono esenti spesso da giudizi. Il libro non risulta infine un elogio alla Scozia, quanto un monumento al Dott. Johnson di cui Boswell secondo me era innamorato profondamente (ma ai tempi non sia mai).
Pertanto per me è una bocciatura completa.
Aggiungo una nota per la casa editrice che avrebbe potuto mettere nelle note anche le traduzioni delle parti in latino che enunciava il Dott.Johnson o che citava Boswell e che ho dovuto invece cercare su Google.